lunedì 23 maggio 2011

Giù al Nord - Da Rhumsiki a Waza e rientro a Garoua

Beh, o scemiamo, o continuiamo...
Questa cosa era già in forma di bozza molto tempo fa, praticamente quando ho scritto
il precedente racconto. Ora sembra quasi ridicolo continuare, ma meglio tardi che mai.

Avevamo lasciato il nostro eroe sul cassone di un pickup, all'addiaccio in una mattina
di Harmattan, il vento freddo e polveroso, nonché bastardo, del deserto.
Tuttavia il nostro eroe si lasciava ubriacare dalla bellezza dei paesaggi montani che offre questo Camerun. Il trasferimento verso il parco nazionale di Waza prevede una deviazione verso Tourou, villaggio con un mercato, famoso per le calebasses (leggi calebàss), delle zucche rinsecchite che le donne usano come copricapo. Si rifà per un gran tratto lo stesso percorso fatta per arrivare a Rhumsiki, poi si devia a sinistra per Tourou, un'altra ora e mezza con la solita strada piena di buche. In tutto questo tragitto io sono dietro, man mano che si procede la temperatura si alza, mi levo la felpina, mi spalmo la crema solare, e non ci penso nemmeno a rientrare nella vettura, sono rapito, estasiato, completamente innamorato di quei paesaggi che sono riuscito a fotografare poco, data la posizione non esattamente comoda. Villaggi, gente che lavora in campi di cipolle, bambini che ti urlano il solito bonjour cadeau, ma che soprattutto ti salutano, e per non deluderli io ricambio sempre. Un'ora e mezza passata a fare il gesto del saluto con la mano destra. Sono rintronato quando arriviamo, il villaggio di Tourou quasi non mi interessa, ma un giro bisogna farselo. Troviamo un cibo nuovo, che non so come si chiami, delle specie di frittelle di riso, non troppo gustose, ma comunque buone e nutrienti, si può pagare anche in valuta nigeriana, qui siamo ancora più vicini al confine. Pensavamo di trovare calebasses ovunque, invece sono solo un paio di negozietti a venderle e pochissime donne a indossarle, forse è rimasta una tradizione viva solo grazie ai turisti. Qualche bianco, qui, due coppie. In generale in Camerun vedo veramente pochi bianchi, tanto da salutarli d'istinto, come a dire "anche tu quaggiù eh?". Che se ci si pensa è abbastanza ridicolo, che ho io da spartire, che so, con un americano? C'è un bianco a Mbalmayo, probabilmente francese, che vende polli vivi appena fuori dal mercato. Ma sto divagando. C'è una collinetta appena fuori Tourou, e la mia naturale propensione per le alture mi spinge su, e riesco a fare qualche filmato dall'alto, mi sento felice, finché la mia macchinetta fotografica nonché videocamera, ancora una volta mi pianta, e comincia a non registrare più nulla di quel che riprendo. Mi chiedo come si dica fanculo in Fulfuldé, che ricordo essere la lingua delle popolazioni nordiche, i Fulbé e non solo. Ma sono da solo sulla collinetta, e pensando "proprio adesso che stiamo andando dalle bestie feroci", scendo un po' incavolato, convincendomi che sia colpa della schedina di memoria (SD da 16 Gb per i curiosi) e mi ricongiungo con gli altri, che hanno comprato qualche zucca vuota. Io no, non mi sento molto portato per gli acquisti. Apprezzo l'artigianato, ma mi stanca il comprare e portare in giro, io ammiro sul posto e fotografo. Azz non posso manco fotografare... Va bene, ripartiamo, io rientro in macchina perché fa troppo caldo. Per strada c'è chi cerca di venderci un camaleonte, poi intravediamo una macchina con 4 ragazze bianche, anzi, una mulatta, che a prima vista sembrano anche molto carine, ma si stanno dirigendo a Tourou, da dove proveniamo noi, io propongo di tornare indietro o di lasciarmi lì, ma proseguiamo, si ritorna sulla strada per Mokolo, dove troviamo finalmente l'asfalto, che, una volta tanto, è bramato. Dicevo nell'altro post che è una cittadina anonima, ma con mio enorme stupore trovo un negozietto che vende schedine di memoria! Incredibile, non costa nemmeno tanto e me ne compro una di ricambio. Parentesi tecnica: è una micro-SD, con tanto di adattatore per farla diventare una SD normale, solo 2 Gb, ma dovrebbero bastare almeno fino al ritorno alla base di Garoua, se ho bisogno di spazio magari trasferisco il tutto su DVD, dato che sono attrezzati. Pranziamo sul cassone del pickup con del manzo comprato dall'autista, avvolto, secondo norme sanitarie, in carta che un tempo era probabilmente un sacco di mangime, se non di cemento, come spesso accade. Poi ripartiamo, su consiglio dei preti pazzi non prendiamo la strada principale, che passa da Maroua e che sarebbe asfaltata ma messa molto male. Percorriamo invece un'alternativa, che passa per un posto chiamato "Col di Koza", io non resisto e risalgo di nuovo sul cassone, stavolta arraggiando i vari zaini a mo' di giaciglio, e a tratti in piedi, a tratti sdraiato, sto lì sopra per almeno altre 2 ore. Sono probabilmente due fra le ore più belle della mia vita, sono rilassatissimo, spesso mi addormento, saluto bambini divertiti, vedo villaggi arroccati su colline sassose, ho una visuale molto più ampia dei miei compagni di viaggio costretti dentro alla vettura. I quali ogni tanto aprono un finestrino e mi urlano qualcosa come "sei vivo?". Vivo e felice, direi, anche se mi irrito un po' la pelle per il sole e la polvere, ma non importa, passerà, anzi, mi ripeto: "cacchio se ne vale la pena". Il villaggio di Koza con relativo Colle mi fa venire la voglia di picchiare sul tetto del pickup per fare segno di fermarci, decido all'istante di abitare lì, poi cambierei idea dopo 5 minuti, probabilmente, ma è amore a prima vista. Non so descriverlo, forse non è niente di speciale, ma con quelle capanne, arrampicate su ammassi di sassi (definirle colline è riduttivo), con quel sapore di montagna in terra d'Africa, sento esercitare su di me un'attrazione immensa. Facciamo una piccola sosta in un villaggio strano, sembra quasi una cittadina, chiediamo quanto manchi a Mora (che non è Maroua, la fantasia è sempre carente), dove finalmente riprenderemo l'asfalto, e pare che nessuno lo sappia, neanche fossimo dall'altra parte del Camerun. Fra quei pochi che lo sanno, bisogna fare la media, chi dice che è lontanissimo, chi dice 15 km. Penso che molti qui non abbiano mai viaggiato in macchina, e non abbiano idea delle distanze. Infatti dopo 15-20 minuti arriviamo, ci asfaltiamo, io rientro al coperto e via, verso il parco nazionale di Waza.

Il nostro autista/accompagnatore/guida si rivela sempre utile, mentre percorriamo gli ultimi chilometri prima di Waza ci regala un paio di avvistamenti di scimmie nella savana ai lati della strada. Finalmente si arriva al Campement alle porte del parco,
è una sorta di albergo sparso, con i bungalow. Siamo in 3 uomini e una donna, e ovviamente la ripartizione è un bungalow da tre e uno singolo. Solo che in quello singolo ci mandiamo il musico, date le sue già decantate abilità russatorie. La prende con filosofia, anche perché sta molto più comodo, e ricordo che è un signore più grande di noi. Prima che faccia buio ci facciamo un giretto su una collinetta rocciosa che sovrasta il parco, il panorama è notevole, sembra di essere nel punto dove il piccolo Simba veniva presentato ai suoi sudditi, appena nato. Col binocolo avvistiamo anche qualche animale, probabilmente uno struzzo lontano e qualche babbuino.
Il mattino seguente, alle sei del mattino siamo già a far colazione, perché il parco apre alle 6.30 e gli animali si avvistano più facilmente all'alba. Avendo dei permessi di soggiorno (2 su 4), entriamo con le tariffe per residenti, dopotutto siamo italiani, quando si tratta di risparmiare non ci tiriamo indietro. E` obbligatorio entrare con una guida locale che conosca bene il parco, il nostro autista non vale, non è autorizzato, quindi paghiamo a parte un tale che sembra più arabo che camerunese, ha una faccia simpatica e sembra vecchissimo. Quindi siamo in sei in macchina, ma poco male, io salgo subito dietro, anche se fa freddino (altro che nord caldo!), per gli animali questo ed altro. Poco dopo sale dietro con me anche la "guida", che in breve scopriamo essere più un avvistatore, come in effetti già avevo letto in qualche descrizione cartacea. Cioè non ti racconta nulla né di animali né di storia del parco, ma rimane inebetito a guardarsi intorno, nel suo grande fazzoletto arabeggiante. Non mi ispira molta fiducia. Infatti per oltre due ore non vediamo che uccelli, belli, per carità, variopinti, ma noi siamo lì che sogniamo le belve feroci. Cioè il leone, dato che è l'unico che si trova nel parco. Non vediamo lui, ma le sue tracce sì, come quelle di altri animali, tipo l'elefante, con almeno un piccolo. Con tracce non parlo solo di impronte, per esempio ci sono delle cacche di pachidermi, dal cui calore si capisce che non è passato molto tempo dal loro passaggio. Il calore, come ho scoperto da quello che ha fatto il nostro autista, si valuta molto bene se si inseriscono due dita dentro... Mi appunto di non stringergli la mano per qualche giorno almeno. Vabbé che di fatto è tutta erba, però...
Con il procedere della mattinata torna il caldo, che si fa anche bello tosto, e comincio a rivalutare l'avvistatore, ha la vista da falco, scorge movimenti a centinaia di metri di distanza. Infatti vediamo antilopi, fra cui un'antilope cavallo, molto grossa, scimmie, e un nutrito gruppo di elefanti nell'erba alta, di cui quindi vediamo praticamente il dorso e parte della testa. Ne contiamo 11, poi scopriremo che sono di più. Io avvisto anche un gruppo di facoceri, che indico io all'avvistatore, li abbiamo fatti scappare con il rumore del pickup. Chi non sa cosa sia un facocero, pensi a Pumba ;) o comunque a una specie di cinghiale. Non ricordo a che punto della giornata, la mia videocamera mi ha nuovamente abbandonato, solito problema, non salva più i filmati e cancella quelli presenti. Comincio a pensare che non sia un problema di schedina, trovo improbabile che ne abbia ben due rovinate, di cui una nuova (ma in effetti, camerunese). Alla fine della mattinata siamo un po' delusi, non abbiamo visto granché. Io faccio il paragone con il parco nazionale del Chobe, in Botswana ma molto vicino al confine dello Zambia, non lontano dalle cascate Vittoria, dove ero stato anni fa. Era molto più costoso, mi sembra di ricordare 90 dollari a testa, mia sorella può correggermi, che corrispondevano a quasi 70 euro. Questo invece, guida compresa, ci è costato qualcosa come 40 euro scarsi, ma non a testa, per 5 persone. Ma la differenza è abissale, sia nel numero di animali (c'era di tutto, aquile dello Zambesi, coccodrilli, ippopotami, leoni, varani, una miriade di uccelli diversi...) sia nell'organizzazione, cura del parco, preparazione delle guide, che spiegavano di tutto. Come oramai è diventata consuetudine dire, questo è gestito "alla camerunese". Di buono c'è che l'ingresso vale per l'intera giornata, si può uscire e rientrare, e ci troviamo di fronte a un bivio: andare a festeggiare il Capodanno in qualche posto più abitato (ricordo che siamo al 31 Dicembre), perché qui c'è un villaggio grande come una stazione di servizio, o rientrare nel parco con la speranza di vedere i leoni, che è diventata una mezza ossessione. Mettiamo ai voti e il parco vince per tre a uno, andiamo a mangiare e riposare, ché l'alzataccia si sente. Rientriamo verso le 16.30, per avvicinarci all'ora del tramonto, cioè circa le sei del pomeriggio, quasi costante all'equatore. Al tramonto infatti gli animali vanno ad abbeverarsi, evitando il sole del giorno. Siamo molto più fortunati del mattino, dopo pochissimi minuti stiamo a goderci la sacrosanta bevuta di due giraffe, a forse neanche dieci metri di distanza. Ci guardano, ci studiano, noi stiamo fermi, e loro, con una flemma incredibile, decidono che non siamo una minaccia e a turno bevono in una pozza d'acqua. Credo che il turno serva a guardarsi le spalle a vicenda. Ci spostiamo, e il nostro falco arabeggiante a un certo momento ordina all'autista di uscire dalla stradina per entrare in una zona lievemente alberata, noi non capiamo perché finché non siamo più vicini, c'è un altro gruppo di giraffe, almeno 4 stavolta, che mangiano. Qui l'avvistatore diventa il mio eroe, le giraffe sono color savana, come cavolo abbia fatto a vederle pure in mezzo agli alberi, non si sa. Non siamo vicinissimi ma lo spettacolo è notevole, ne ammiriamo la calma camminata, con le gambe che si muovono due a due per lato, prima le destre e poi le sinistre, e così via, cosa forse unica nei quadrupedi. Ci dirigiamo quindi verso un laghetto dove a volte si avvista il nostro benedetto re della giungla, ma attendiamo invano. Da una piccola altura vediamo ancora giraffe, lontane. Oramai siamo vicini al tramonto e anche il nostro avvistatore non ci dà speranze di animali in criniera, però ci porta sicuro vicini al punto in cui la mattina vedemmo gli elefanti, che sono ancora lì. Capiamo presto perché siamo lì: è un punto di passaggio verso l'acqua, dobbiamo solo attendere. Infatti sono sempre più vicini, a turno scrutiamo con il mio binocolo, e una cosa ci colpisce. Di fatto si avvicinano, ma non li vediamo mai muoversi. Capiamo dopo un'attenta osservazione che fanno pochi passi e si fermano di botto, probabilmente seguendo degli inavvertibili (a noi) ordini del capofila. Quando sono fuori dall'erba alta ne contiamo 15, quelli che non vedevamo al mattino sono cuccioli, sparivano alla vista. Benché pesino probabilmente qualche tonnellata, sono teneri. Qui l'incontro è emozionante, sono al massimo a 20 metri di distanza, e si vede chiaramente come facciano qualche passo e si blocchino di colpo, anche con una zampa alzata, suppongo sia una tecnica che consente di sentire facilmente dei rumori minacciosi. Oppure sentono che diciamo "cheese" e si mettono in posa di colpo. Nonostante quello stramaledetto leone non si sia fatto vivo, siamo appagati, felici della scelta, anche colui che aveva votato contro s'è ritenuto più che soddisfatto. Dopo la doccia, chi ti vedo al Campement? Quattro ragazze, di cui una riccia e mulatta, che io riconosco subito essere quelle che avevamo incontrato venendo via da Tourou. A cena scopriamo che fanno parte di un assortito gruppo di belgi, che si dimostrano i re della festa, ci invitano, assieme a dei giapponesi, per far il fatidico brindisi di inizio d'anno. Ci raccontano che il giorno prima sono stati a Rhumsiki e l'Harmattan se n'era andato. La miseriaccia, il giorno prima del nostro arrivo due italiani hanno avuto la visuale limpida, e il giorno dopo che siamo partiti pure i belgi. Praticamente l'Harmattan era lì per noi, venuto con noi, andato con noi. Mi toccherà tornarci. Il "veglione" è stato semplice e divertente, chi si aspettava storie di romantici incontri fugaci rimarrà deluso, abbiamo bevuto insieme, brindato, ballato, saputo che una delle ragazze stava lavorando nell'Est del Camerun e le amiche son venute a trovarla, ma non molto dopo la mezzanotte, tutti a nanna, loro dovevano affrontare il Waza il primo Gennaio all'alba. Noi comunque ci alziamo abbastanza presto e poco dopo le otto siamo già in partenza per tornare alla base di Garoua. Appena partiti, indovinate un po' cosa avvistiamo ai lati della strada? Una giraffa, l'ennesima, che comunque ci guardiamo, sono delle bestie molto eleganti. Si continua, e facciamo una tappa al mercatino di Maroua, che molti dicono essere la più bella città del Camerun, che comunque non ha nulla di speciale, forse è semplicemente più ordinata delle altre. Metto le mani avanti e avverto i mei compagni di viaggio che io non sono un grande appassionato di mercati e odio contrattare, ipotizzando addirittura di farmi un giro mentre loro vanno al mercato. Invece sono l'ultimo a uscirne, c'erano delle cose molto carine, tratto e contratto prezzi, mi dicono che faccio gli affari come un camerunese, e io lo prendo come un complimento. Pranziamo, breve incontro con altri italiani conosciuti dalla nostra boss, che vivono in una missione fuori Maroua, e via verso la base. Facciamo un'ulteriore tappa, les gorges de Kola, un'affascinante piccolo canyon scavato nella roccia da non so quale fiume, e finalmente siamo a Garoua, ora di cena.

Nella prossima puntata:
il giro in solitaria, dopo che i miei compagni di viaggio son tornati a Mbalmayo.

Ed ora, il consueto link alle foto:
Le foto